Spazio Rocco Scotellaro, Vigevano
Una valigia piena di sogni
Disegni di Peppino
Marino
1-22 ottobre 2016
È possibile esprimersi in maniera artistica senza possedere
una base accademica, senza essere quasi in grado di scrivere?
Le tavole illustrate da Peppino Marino dimostrano
che si può fare. Si può creare qualcosa di bello senza essere colti, attingendo
dalle proprie emozioni e dalle esperienze di una vita semplice, dando forma a
un affresco genuino, variopinto e popolare. Zio Peppino, viaggiatore solitario,
uomo di paese, autentico esponente del Meridione rurale del primo Novecento, ha
lavorato tutta la vita conquistandosi ciò che possedeva con il sudore della
fronte, anche la capacità di scrivere in un italiano approssimativo e la
possibilità di viaggiare.
Gli straordinari lavori prodotti da Peppino Marino
giungono a noi del tutto inaspettati: nel mondo in cui viveva, nessuno chiedeva
prova della sua creatività e la sua abilità non serviva a portare a casa il
pane. Tuttavia, era una persona sensibile e possedeva un animo curioso: infatti,
spinto dal desiderio di vedere, negli ultimi anni della sua vita percorse
l'Italia da un capo all'altro in treno e non poté fare a meno di esercitare la
sua dote per sentirsi completo.
La sua vita non era stata semplice: nato all'inizio
del Novecento nella comunità arbëreshë di Plàtaci (in provincia di Cosenza), in
una Calabria allora distante dall'Italia moderna, Peppino Marino aveva iniziato
a lavorare nei campi fin da piccolo e negli stessi terreni, nei boschi e nelle cave
aveva continuato a sgobbare fino a quando gli era stato necessario. Già
ragazzo, tuttavia, aveva sentito il bisogno di emanciparsi, imparando a leggere
e a scrivere anche se questo aveva significato andare contro al volere del padre,
che in questo lo osteggiava. Aveva conosciuto la povertà, zio Peppino, e aveva
visto morire da giovane persone a lui care, ma con il passare degli anni era
riuscito anche a mettere insieme il denaro necessario ad affrancarsi da una
condizione difficile, acquistando un terreno e una casa per sé e per i figli.
Era un selvatico, tuttavia, e tale sarebbe rimasto
fino agli ultimi anni di vita. Anche fra le mura di casa era solito accendere
un falò per cucinare e quando si spostava fra i paesi della sua terra lo faceva
a piedi nudi. Eppure era capace di disegnare, di comunicare, e per nostra
fortuna era desideroso di farlo. Gli esempi di creatività qui esposti parlano
di storia, di religione e di cultura popolare. Parlano di un uomo che sapeva
tante cose senza averle studiate. E, anche se gli scritti che ci ha lasciato
possono farci sorridere a una lettura superficiale, allo stesso tempo ci stupiscono
per la loro spontaneità e originalità e ci invitano a riflettere su che cosa
significhi fare arte e sulle emozioni che essa suscita nello spettatore consapevole,
o che dovrebbe suscitare.
Paolo Borile
La cultura
arbëreshë
Gli arbëreshë sono gli albanesi d'Italia, o
italo-albanesi, ossia la minoranza etno-linguistica albanese storicamente
stanziata in Italia meridionale ed insulare.
Provenienti dall'Albania
e dalle sparse comunità albanesi presenti in Grecia e in altre regioni della
penisola balcanica, gli arbëreshë si stabilirono in Italia tra il XV e il XVIII
secolo, in seguito alla morte dell'eroe nazionale albanese Giorgio Castriota
Scanderbeg e alla progressiva conquista dell'Albania e, in generale, di tutti i
territori dell'Impero bizantino da parte dei turchi-ottomani. La loro cultura è
determinata da elementi caratterizzanti, che si rilevano nella lingua, nella
religione, nei costumi, nelle tradizioni, negli usi, nell'arte, nella
gastronomia, ancora oggi gelosamente conservati.
La gran parte delle cinquanta comunità
italo-albanesi conserva tuttora il rito bizantino.
Plàtaci (Pllatëni
in arbëreshë) è un piccolo comune della provincia di Cosenza in Calabria, centro
agricolo del versante orientale del Gruppo del Pollino, dominante la piana di
Sibari e il mar Jonio. Si trova a un'altitudine di 950 metri s.l.m. Gli
abitanti sono di etnia arbëreshë e conservano ancora l'antica lingua, i costumi
tradizionali e il rito bizantino-greco.
Nota
biografica
Peppino Marino nasce nella comunità arbereshe di
Plàtaci (in provincia di Cosenza) il 6 febbraio 1911, quarto di cinque figli,
da genitori contadini; la madre muore giovane di polmonite. Da bambino frequenta
la scuola serale fino alla quarta elementare, ma di nascosto dal padre che ne
osteggia la propensione allo studio. Inizia a lavorare a 14 anni, prima in una
cava di pietra, in seguito come contadino e guardia forestale.
La
gioventù di Peppino è segnata da un evento drammatico a causa del quale
conoscerà il carcere. Una volta fuori, si trasferisce a Villapiana, si sposa
con Anna e ha due figli, Maria e Giovanni. Chi lo ha conosciuto lo descrive
come un uomo pacifico e taciturno (quasi freddo), un solitario che ama
camminare e andare da un paese all'altro a piedi nudi, partecipare alle feste
che si svolgono nei borghi della zona. I parenti lo definiscono un uomo di
cuore.
Grazie a un cugino prete ortodosso arbereshe si
avvicina alla religione; forse da qui le frequenti immagini di santi e della
Madonna che compaiono nei suoi disegni.
Inizia a disegnare in tarda età riproducendo immagini
prese da giornali, riviste e cartoline, ma soprattutto dai numerosi viaggi in
treno che fa in solitaria: Padova, la Cascata delle Marmore, Perugia, Assisi,
Pavia... Non sappiamo perché in quasi tutti i suoi disegni abbia riprodotto un
orologio che segna un’ora compresa fra le 11.35 e le 11.45; la figlia afferma
di averlo visto spesso disegnare proprio a quell'ora.
Peppino trascorre gli ultimi anni di vita a
Trebisacce, dove conduce un'esistenza per certi aspetti selvatica; in casa,
anziché usare la cucina, preferisce accendere un falò in mezzo a una stanza per
cuocere il cibo.
Muore a Villapiana, presso la dimora della figlia
il 3 febbraio 2010 a
98 anni.
I disegni
qui esposti sono stati donati da Peppino a suo nipote Antonio e successivamente
riscoperti dalla pronipote Elisa che, intuendone il valore artistico ha deciso,
con l'aiuto di persone a lei care quali il pittore Paolo Borile, di offrirli
alla comunità come esempio di arte popolare. Ci auguriamo che la loro visione
possa suscitare l'interesse e stimolare la creatività di chi ha partecipato
alla mostra.
Si ringraziano per la collaborazione nella
realizzazione dell'evento:
Associazione
'Genti Lucane'
Nicola
Palermo
Marco
Beretta
Paolo Borile
Antonio
Aurelio
Informazioni
Spazio Rocco
Scotellaro, Via Cesarea, 49 Vigevano
Dal giorno 8 al giorno
22 ottobre 2016
Orari di apertura: giov. Sab. dom. 17-19
Merc. ven. orari
serali 21-23
Inaugurazione sabato
1 ottobre 2016 ore 17
Nessun commento:
Posta un commento